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Doveri

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La Costituzione pone al centro la persona umana, concepita come titolare in natura non solo di diritti «inviolabili», ma anche di doveri «inderogabili» verso gli altri; e delinea un modello di società fondata quindi non sull’individualismo, ma sulla solidarietà

Doveri

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Presentazione

La Costituzione italiana, oltre a riconoscere e a garantire i diritti dei singoli, prevede “esigentemente” (“richiede”), da parte degli stessi, “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” (art. 2). I diritti e i doveri quindi – pur essendo situazioni giuridiche strutturalmente diverse (perché i primi comportano un “vantaggio” per il loro titolare, i doveri invece una posizione “passiva” e di soggezione ad un obbligo di comportamento) – trovano uguale fondamento nel testo costituzionale. Ciò dipende dal fatto che la Costituzione pone al centro la persona umana, concepita come titolare in natura non solo di diritti “inviolabili” (che la Carta stessa “riconosce”: sempre art. 2) ma anche di doveri “inderogabili”, appunto, verso gli altri; e delinea un modello di società fondata quindi non sull’individualismo, ma sulla “solidarietà” che spinge gli individui a mettere insieme le loro forze per realizzare obiettivi di giustizia, di uguaglianza e di progresso collettivi (come indicano molte disposizioni costituzionali: in particolare gli artt. 3 e 4).
I “doveri costituzionali” si qualificano, dunque, come categoria unitaria principalmente in relazione al principio di uguaglianza: come i diritti, anche i doveri sono imposti dall’ordinamento – in linea di principio – a “tutti”, cittadini italiani e non (ed infatti l’art. 2 si riferisce all’“uomo” in generale, senza riferimento alla cittadinanza). Del resto, i doveri rappresentano anche (anche se non solo) il “riflesso naturale” dei diritti, perché a ciascun diritto del singolo corrisponde un dovere degli altri nei suoi confronti (per esempio, la libertà di domicilio di ciascuno comporta il dovere di tutti di non violare il domicilio altrui). E’ quindi naturale che anche i doveri siano imposti a “tutti”, senza distinzioni.
La formula utilizzata dall’art. 2 Cost. – doveri “di solidarietà politica, economica e sociale” – è una formula volutamente “aperta”, idonea a ricomprendere molteplici situazioni di “dovere”, non necessariamente definite dal testo costituzionale. Nel contempo, la Costituzione prevede espressamente pochi e determinati doveri (in questo caso, a differenza dei diritti), riconducibili alla dicotomia “doveri della persona” – “doveri del funzionario pubblico”.

Doveri della persona

I doveri “della persona” sono quei doveri che la Costituzione (nel definire espressamente in specifiche norme) impone a ciascun individuo come tale, a prescindere dal possesso o meno di una carica pubblica. Si tratta quindi di posizioni di soggezione ad un obbligo di comportamento – obbligo di svolgere un lavoro, obbligo di pagare le tasse ecc. – che sono previste per tutti coloro che si trovano in Italia, ed in particolare per i cittadini italiani.
Tali doveri sono – nell’ordine –: il dovere di svolgere un lavoro, inteso in senso ampio come “attività” o “funzione” “che concorra al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4); il dovere dei genitori di “mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio” (art. 30); il dovere di difendere la Patria, proprio dei cittadini italiani (art. 52); il dovere di pagare le tasse, “concorrendo” così alle spese dello Stato (art. 53); il dovere (anch’esso riferito, testualmente, ai soli “cittadini”) di “fedeltà alla Repubblica” e di “osservarne la Costituzione e le leggi” (art. 54 comma primo).
Tra questi doveri risultano di particolare importanza, nel complessivo disegno costituzionale, quello di svolgere un lavoro e quello di pagare le tasse. Il primo dovere, infatti, si ricollega direttamente al primo articolo della Costituzione, per cui l’Italia “è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (c.d. “principio lavoristico”). Poiché il lavoro, secondo questo principio, è ciò che permette a ciascun individuo di “emanciparsi” dal punto di vista economico e sociale, e all’intera società di “progredire” dal punto di vista “materiale” e “spirituale”, ogni persona deve svolgere un’attività lavorativa, secondo – si noti la puntualizzazione dell’art. 4 Cost. – “le proprie possibilità e la propria scelta” (e per questo stesso motivo il lavoro è anche e prima di tutto un diritto che lo Stato è tenuto a garantire ai singoli e a rendere effettivo: sempre art. 4). Per quanto riguarda, in secondo luogo, il dovere di pagare le tasse (c.d. “dovere tributario”), esso serve a finanziare le spese dello Stato e a realizzare così – in particolare – le politiche “redistributive” imposte allo stesso dall’art. 3 comma secondo della Carta, che sancisce il principio di uguaglianza c.d. “sostanziale”. In altri termini, attraverso le tasse pagate dai cittadini – in quantità più elevata da quelli che possiedono o guadagnano di più, in base al principio di “progressività” del sistema tributario (art. 53 comma 2 Cost.) –, lo Stato può erogare delle prestazioni ai soggetti meno abbienti, come per esempio le cure sanitarie o le borse di studio per gli studenti, consentendo ad essi di godere di diritti e di svolgere delle attività per le quali non avrebbero i mezzi materili. Emerge qui in modo particolare la connotazione “solidaristica” dei doveri costituzionali, e la loro funzionalizzazione ad un vero e proprio modello di società, che la Costituzione italiana delinea.

Doveri del funzionario pubblico

Oltre che alla “persona” come tale, la Costituzione prevede degli specifici (ed ulteriori) doveri in capo a coloro che sono investiti – temporaneamente o in modo permanente – di funzioni pubbliche. Questi doveri gravano quindi soltanto su una categoria particolare di cittadini (non già di “persone” in generale, perché per esercitare funzioni pubbliche occorre possedere la cittadinanza italiana): i “funzionari pubblici”; o comunque, coloro che – sebbene non siano inseriti a pieno titolo nell’Amministrazione Pubblica – svolgono sul piano fattuale ed oggettivo delle funzioni pubbliche.
Per “funzioni pubbliche” si intendono le funzioni che costituiscono esercizio dei diversi poteri dello Stato (intesi in senso “oggettivo”), nelle varie articolazioni territoriali dello stesso. Si fa riferimento, perciò, sia alle funzioni legislative (a livello statale e regionale), sia alle funzioni amministrative (a livello statale, regionale ed anche locale), sia alle funzioni giudiziarie e – più in generale – “di garanzia” (principalmente a livello statale). I doveri costituzionali in esame gravano quindi, in concreto, sui membri della classe politica in senso stretto (parlamentari, consiglieri regionali, membri del Governo statale e delle Giunte delle Regioni e degli Enti locali); sui componenti della Magistratura e degli organi di garanzia (per i quali sono previste, peraltro, anche delle norme particolari ed ulteriori: v. per es., per i magistrati, l’art. 101 comma 2 Cost.); e – in generale – sui funzionari e gli impiegati della Pubblica Amministrazione, statale e locale.
Per tutti questi soggetti l’art. 54 comma secondo della Costituzione stabilisce che “i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi previsti dalla legge”. La norma si collega all’art. 28 della Carta, che prevede che i funzionari e i dipendenti pubblici siano sottoposti a sanzioni di tipo penale, civile ed amministrativo qualora, nell’esercizio delle loro funzioni, compiano atti “in violazione di diritti” (solo per le sanzioni civili quest’ultima disposizione prevede anche la responsabilità dello Stato – insieme a quella diretta del funzionario – a garanzia del soggetto danneggiato). Il concetto di “disciplina” richiamato dall’art. 54, peraltro, comporta la rilevanza – e la conseguente punibilità –, più in complesso, dei comportamenti dei funzionari pubblici scorretti e non adeguati (non “consoni”) alla funzione da essi esercitata: di qui, nella legislazione ordinaria, la presenza di norme dettagliate e di “Codici di comportamento”, e la previsione della c.d. “responsabilità disciplinare” del dipendente in caso di loro violazione.
Per gli esponenti politici, in particolare, sempre in relazione al dovere sancito dall’art. 54 Cost., la legge ordinaria stabilisce poi delle situazioni di incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità e decadenza dopo aver assunto la carica pubblica, connesse a comportamenti ritenuti incompatibili con l’esercizio della stessa (come l’aver commesso dei reati contro la Pubblica Amministrazione o di particolare gravità). Tali fattispecie comportano, a vario titolo, l’impossibilità per la persona che ne è coinvolta di svolgere l’incarico politico (il quale implica tutt’oggi – per i parlamentari nazionali – il titolo significativo di “onorevole”).

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