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Poteri

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Tra garanzia dei diritti e limitazione del potere intercorre un nesso strettissimo: solo in presenza di un potere dello Stato “limitato”, perché sottoposto a regole vincolanti, è possibile garantire in concreto i diritti dei singoli

Poteri

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Presentazione

La Costituzione italiana, oltre a prevedere e a garantire i diritti (e i doveri) dei cittadini, disciplina i poteri pubblici, cioè i poteri riferibili allo Stato inteso come apparato coercitivo.

Attraverso tali regole la Costituzione mira (come tutte le Costituzioni dall’età moderna in avanti) a limitare l’esercizio del potere (nel suo complesso). Tra garanzia dei diritti e limitazione del potere intercorre, peraltro, un nesso strettissimo: solo in presenza di un potere dello Stato “limitato” (perché sottoposto a regole vincolanti, e in primo luogo a quella della “divisione/separazione”) è possibile, infatti, garantire in concreto i diritti dei singoli. In questo senso l’art. 16 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 – alla quale anche la nostra Carta costituzionale si ispira – afferma che una società «in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri stabilita, non ha una costituzione».
I “poteri” che la Costituzione italiana considera sono diversi, e possono essere classificati in base a criteri differenti. Vi sono infatti i poteri in senso “soggettivo” (il Parlamento, il Governo, la Magistratura, ecc.) ed in senso “oggettivo” (il potere di approvare le leggi, di dare attuazione alle stesse, di risolvere le controversie tra i cittadini e tra questi e lo Stato); i poteri centrali (riferibili allo Stato inteso come uno degli elementi costitutivi della Repubblica, ai sensi dell’art. 114 Cost.) ed i poteri locali (riferibili alle Regioni e agli altri enti territoriali elencati dallo stesso art. 114). Dal punto di vista dei principi costituzionali, la distinzione più importante è però quella – derivante dall’evoluzione del principio della divisione/separazione dei poteri, sopra ricordato – tra i poteri "di governo" ed i poteri “di garanzia”.

Poteri di governo

Secondo la versione “classica” della separazione dei poteri – risalente al pensiero di Montesquieu ed al periodo della Rivoluzione francese – i poteri dello Stato (che devono essere “separati”, o “divisi”) sono tre: il potere legislativo (espresso, dal punto di vista soggettivo, dal Parlamento), il potere esecutivo (espresso dal Governo) ed il potere giudiziario (espresso dalla Magistratura o, più correttamente, da ogni singolo giudice). Sul piano teorico, questa classificazione si basa sull’idea del primato assoluto della sovranità popolare, e su quella della supremazia della legge sulle altre fonti di produzione delle regole giuridiche, che ne costituisce la diretta conseguenza. Il potere legislativo, esercitato dai rappresentanti eletti dal popolo, è il potere dello Stato più importante; l’esecutivo ed il giudiziario, esercitati invece da funzionari pubblici non eletti, sono poteri subordinati a (e “delegati” da) questo, che si risolvono nella semplice applicazione ed “esecuzione” della legge nei casi concreti.
Rispetto a questa concezione, il costituzionalismo della seconda metà del Novecento – di cui la Costituzione italiana è una delle espressioni più alte – si differenzia per due importanti aspetti. Da un lato, esso prevede dei – nuovi – poteri “neutrali”, volti a garantire la Costituzione ed i suoi diritti dagli abusi del potere politico (e per questo chiamati poteri “di garanzia”): la Corte Costituzionale, il Presidente della Repubblica nelle forme di governo parlamentari, ed altri. Dall’altro lato, esso tende ad unificare il potere legislativo e l’esecutivo nella categoria dei poteri “di governo”, volti nel loro insieme a realizzare l’“indirizzo politico di maggioranza”. Si passa così – complice anche la crisi del primato della legge come fonte del diritto – dalla tripartizione originaria dei poteri dello Stato ad una bi-partizione: tra i poteri “di governo” ed i poteri “di garanzia”.
I poteri “di governo” (intesi in senso “soggettivo”) nel sistema costituzionale italiano sono, principalmente, il Parlamento ed il Governo. Il primo è formato da due Camere – la Camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica – dotate di poteri analoghi (artt. 55 e seguenti Cost.). Il Governo è invece composto dai Ministri, dal Presidente del Consiglio e dall’organo collegiale- Consiglio dei Ministri (artt. 92 e seguenti). Parlamento e Governo sono legati tra loro da un “rapporto di fiducia”, nel quadro di una forma di governo “parlamentare”: ciò significa che il Governo, per esercitare le sue funzioni, deve avere la fiducia del Parlamento (conferita tramite un’apposita votazione: art. 94 Cost.), e durante il suo mandato deve rendere conto alle Camere dei suoi atti (per esempio sottoponendosi alle interrogazioni ed alle interpellanze parlamentari) e può venire sfiduciato (con conseguente obbligo di dimissioni). Sia il Parlamento che il Governo – in base al principio della separazione dei poteri – sono dotati di autonomia ed indipendenza nei confronti, specialmente, del Potere giudiziario. Ai sensi dell’art. 68 Cost., in particolare, i membri del Parlamento non possono essere perseguiti davanti a un giudice per gli atti compiuti nell’esercizio delle loro funzioni, e durante il loro mandato non possono essere arrestati, perquisiti o “intercettati” nelle loro comunicazioni nemmeno per fatti estranei alle loro funzioni, senza autorizzazione della loro Camera di appartenenza.
Oltre che a livello centrale, anche a livello locale operano dei poteri “di governo”: i Consigli regionali, provinciali, delle Città metropolitane e comunali; le Giunte regionali e comunali, presiedute rispettivamente dal Presidente della Giunta e dal Sindaco; il Presidente della Provincia ed il Sindaco metropolitano. Per questi organi la Costituzione e la legge ordinaria prevedono dei principi e delle garanzie particolari.

Poteri di garanzia

Come accennato sopra, i poteri “di garanzia” sono quei poteri (ed organi) dello Stato preposti alla garanzia della Costituzione, e dei diritti da essa affermati, nei confronti del potere politico. Il costituzionalismo contemporaneo – nel quale la Costituzione italiana si colloca a pieno titolo – attribuisce a tali poteri una posizione e delle prerogative assai più rilevanti di quelle che aveva il Potere giudiziario (unico potere qualificabile “di garanzia”) nello Stato costituzionale dell’800: esso si preoccupa, infatti, specificamente di tutelare le minoranze dai possibili abusi della maggioranza politica, che detiene il controllo del Parlamento ed esercita inoltre il potere esecutivo attraverso il Governo investito da quest’ultimo (in una forma di governo “parlamentare” come quella italiana). Negli odierni sistemi costituzionali, peraltro – compreso quello italiano –, l’esigenza di tutelare le minoranze è particolarmente sentita, dato che in essi i poteri “di governo” (riconducibili alla maggioranza politica, ed in passato separati tra il Legislativo e l’Esecutivo) tendono a concentrarsi sempre di più in un unico “polo”, rappresentato dall’organo-Governo (con un controllo sempre più debole da parte del Parlamento). In questo senso si afferma che i poteri “di garanzia” sono dei “contro-poteri” (o dei poteri “contro- maggioritari”), che caratterizzano e rendono effettiva una moderna democrazia “costituzionale”.
In termini più specifici, ciò che caratterizza i poteri “di garanzia” – e che li differenzia dai poteri “di governo” – è il non determinare una responsabilità politica: cioè una responsabilità nei confronti degli elettori. Mentre i membri del Parlamento e (attraverso questi, in una forma di governo “parlamentare”) del Governo sono sottoposti al giudizio degli elettori e possono essere rimossi in caso di cattivo, o comunque non condiviso, svolgimento delle loro funzioni, coloro che esercitano funzioni “di garanzia” non possono essere rimossi – se non in casi del tutto eccezionali – e godono di una piena indipendenza dagli organi politici. Tale indipendenza si realizza mediante appositi istituti previsti dalla Costituzione: per esempio, l’inamovibilità per i magistrati (art. 107 comma 1) e la lunga durata della carica (correlata alla possibilità di rimozione solo per “alto tradimento” o “attentato alla Costituzione”) per il Presidente della Repubblica (art. 80) e per i giudici della Corte Costituzionale (questi ultimi nemmeno rinominabili alla scadenza dell’incarico: art. 135 commi 3 – 4).
Nel sistema costituzionale italiano i poteri “di garanzia” (intesi in senso “soggettivo”) sono: la Magistratura, suddivisa in “ordinaria” e (Magistrature) “speciali” e, all’interno della Magistratura “ordinaria”, tra magistrati giudicanti e requirenti (artt. 101 e seguenti Cost.); la Corte Costituzionale, competente a giudicare sulla legittimità costituzionale – cioè sulla conformità o meno alla Costituzione – delle leggi dello Stato e delle Regioni e, in particolare, sui conflitti di attribuzione tra i Poteri dello Stato (artt. 134 e seguenti); il Presidente della Repubblica, organo “rappresenta[nte] l’unità nazionale” e chiamato – in particolare – a nominare il Governo, a sciogliere anticipatamente le Camere ed a promulgare le leggi ed emanare i decreti ed i regolamenti del Governo stesso (art. 87); il Consiglio Superiore della Magistratura, competente ad adottare tutti i provvedimenti incidenti sullo stato e la carriera dei magistrati ordinari (in precedenza adottati dal Governo: artt. 104 – 105); le Autorità amministrative indipendenti, non previste dalla Costituzione ma dalla legge ordinaria, e deputate a esercitare funzioni di regolazione e controllo in settori specifici – soprattutto economici –, sottratti all’ingerenza del Potere esecutivo (come, per esempio, la distribuzione dell’energia, il sistema bancario e assicurativo, la tutela della concorrenza e del mercato, i contratti pubblici).

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